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26 Giu, 2020
La competizione online per la finale delle finali del Network

L’anno scorso la competizione è stata agonistica e insieme imprenditoriale. Con l’Italian CLab Running, gli startupper hanno corso all’insegna della coopetizione, quel termine ibrido, a metà strada fra competizione e cooperazione, che usiamo spesso per descrivere lo spirito delle gare marchiate CLab. Quella volta la corsa è stato un pretesto per incontrarsi dal vivo e percorrere il miglio insieme, divertirsi, e poi adrenalinici salire sul palco e in pantaloncini, canotta e scarpe da corsa far valere un’idea di impresa.

La coopetizione è stato questo allora correre insieme, incontrarsi e poi confrontarsi ancora. Perché questo è quello che succede ogni volta che i CLab della rete nazionale si incontrano. Ognuno con le proprie peculiarità e punti di forza, aspetti che emergono in maniera differente, ma poi si compongono ogni volta che c’è un incontro.

Il momento della creatività

Quest’anno l’incontro fisico non c’è stato. Ma nel momento di massimo blackout la creatività dei CLab non si è arrestata. È partita una maratona digitale, via web che niente ha avuto da invidiare alla corsa del miglio o i viaggi in camper dell’Express.
C’era bisogno di dire la propria su quello che stava accadendo. C’era il Covid, il distanziamento sociale. Ma le startup dei CLab italiani nel frattempo cosa stavano facendo? Come stavano reagendo? Che cosa avevano da dire?
La costruzione di qualcosa di nuovo doveva partire dal basso. È successo con il Contamination Age. E come sempre con l’interazione di più competenze, esperienze eterogenee, composite, appartenenti ad ambiti disciplinari differenti, ancora una volta grazie alla contaminazione.

Durante questo flusso di creatività – che solo le emergenze a volte sanno tirar fuori – abbiamo pensato che ci fossero molti modi alternativi per superare il distanziamento sociale, per incontrarsi di nuovo e insieme fare coopetizione.
Un format era già pronto: i talk e i seminari del CAge. Però mancava qualcosa che ricordasse i tempi non troppo remoti, i pitch sul palco, i minuti che corrono e incalzano i team che espongono un’idea imprenditoriale. Così il web è diventato la piazza in cui realizzare quello che l’anno prima era accaduto realmente nei centri delle città o nei cortili degli Atenei. Ogni CLab avrebbe parlato della forza della propria startup sul web, in un video, con le stesse parole accattivanti e persuasive di un pitch, di una competizione dal vivo. Con un’unica differenza. A giudicare non sarebbe stato un ristretto numero di investitori. Ma tutto il web.

La competizione digitale

Aperto il contest online, i video di quei pitch hanno iniziato a fare il giro del web. Le visualizzazioni hanno raggiunto numeri inimmaginabili e a votare sono state più di 6000 persone. Un coinvolgimento inaspettato, ma certo inevitabile.
Per i CLabber come sempre è diventato quasi un gioco, un modo per divertirsi facendo quello che tutti fanno per lavoro o a volte solo per passione. C’era inoltre la novità di trovarsi a competere online, a distanza, aspettando con ansia il verdetto, tutti collegati su zoom, il giorno della finale delle finali, quella del contest del Network.
Nessuno sarebbe salito fisicamente sul podio, negli studi televisivi di Cagliari che trasmettevano la diretta. Ma questo non avrebbe diminuito l’emozione.

L’ultima parola alla giuria di esperti

Il verdetto del pubblico alla fine ha premiato le migliori idee di impresa di quel momento e a salire sul podio virtuale della competizione online sono state tre startup. Ma i giochi in quel momento non erano ancora chiusi. L’ultima parola stavolta spettava agli esperti del settore imprenditoriale, la giuria riunita per valutare la migliore idea di impresa.
Quando il conduttore ha annunciato la vittoria e l’attribuzione dei premi speciali non c’è stato modo di abbracciarsi o stringersi la mano. Ma poco è cambiato, anche se i team erano collegati dagli schermi a schermi di zoom, riuniti nel wall del pubblico, i componenti dei team finalisti hanno potuto dire la loro.

Podio e premi speciali al sud

CIBISpray, startup salentina, le siciliane Move e Lollipop – del CLab di Catania e di Palermo – hanno stravinto su tutti gli altri partecipanti, aggiudicandosi la prima il premio più importante e la seconda un riconoscimento speciale.
Ha spopolato il sud quindi, segno di una crescita inarrestabile economica e sociale, in luoghi in cui l’innovazione guadagna spazio dal basso a partire dalle piccole realtà, dalle idee imprenditoriali che a contatto con il territorio escogitano soluzioni ad hoc, tagliate su misura e quindi rispondenti a temi reali.
Quelli di interesse sociale soprattutto. La mobilità è uno di questi, come insegna Move. Pensare alle città e alla loro vivibilità significa interrogarsi sulle necessità di chi per età o disabilità fisiche non è in grado di essere autonomo. Ma inotre ha guadagnato spazio l’attenzione per i più piccoli, il modo meno indolore e noioso per assumere le medicine amare, come ha spiegato Lollipop.

Ma un secondo dato interessante è che l’innovazione, le nuove tendenze non hanno collocazione geografica. Spesso grava un pregiudizio nei confronti delle realtà più marginali, quelle che non appartengono al nord industrializzato, all’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione. CIBISpray per prima sfata quel mito. Lo fa grazie a un’idea innovativa che vede la luce al CLab del Salento e promette di apportare grossi benefici nel ramo medico e sanitario, ponendo soluzioni concrete in merito ai problemi della farmacoresitenza ad esempio.

Ciò che in maniera straordinaria il contest ha dimostrato dunque è la relatività dei punti di vista. Non c’è nord e non c’è sud, ma forse solo ingegno, impegno e passione. E poi ci sono le occasioni, quei treni su cui bisogna salire al momento giusto. Non è una questione di fortuna. È solo il merito di chi la fortuna se l’è guadagnata.

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